Porta Bab al-Ruta

La Bab al-Ruta, che assieme alla porta nominata da Ibn Hawqal col nome di Santagat era una delle porte preesistenti al periodo arabo, dava accesso al grande corso d’acqua omonimo, alimentato dalle acque di Danisinni.

La porta dovette continuare a funzionare anche durante il periodo normanno, tanto che risulta nominata nel 1194 in un documento conservato presso la Biblioteca Comunale di Palermo (Ms. Qq. H. 10), col quale Aloisa e Goffredo de Marturano concedono al monastero da loro edificato una “vineam et cannetum cum fonte aquarum defluentem quae sunt in praedicta civitate Panormi extra Portam Rotae secus viam quae ducit ad castrum Xixae“.

La strada vicina alla Porta Rota, che in epoca normanna condurrà al palazzo della Zisa, dovrebbe corrispondere all’attuale via Colonna Rotta (da ‘ayn Ruta), mentre una fonte ampliata con un abbeveratoio esisteva ancora nell’Ottocento, e le stampe coeve lo dimostrano, nella vallata (oggi interrata) ad occidente dell’attuale corso Alberto Amedeo (al di sotto dell’attuale campo sportivo).

Ai tempi di Fazello (1498-1570) questa porta risultava chiusa anche se aveva dato il proprio nome alle mura limitrofe (“porta erat ad haec Urbis moenia a Rota, olim vocata, quae hodie clausa licet nomen amiserit, moenibus tamen nomen dedit, quae Rotae appellationem adhuc habent”).

Nel 1576, secondo quanto riporta Di Giovanni (I, p. 23 e n. 3), Martines (B.C.P. Ms. Qq. F. 10, p. 231) la vide chiusa ma integra “ad latus amplae turris sinistrum” e pochi anni più tardi, nel 1583, Pugnatore ritenne che un’antica porta fosse esistita “poco più a ponente dalla chiesa di San Giacomo la Mazara, […] tra essa chiesa e l’angolo delle pubbliche mura di quel tempo primiero, si come in fin hoggi vene appare manifesti vestigi” (Di Giovanni, L’Antichità della felice città di Palermo in “Nuove Effemeridi Siciliane”, 1881, Serie III, vol. XI, pp. 127-28 e Topografia antica di Palermo, vol. I, p. 33, n. 1).

Anche se ormai chiusa, ancora alla fine del Cinquecento la porta veniva rappresentata nella cartografia del tempo (Florimi, Bonifazio, Cartari, Braun- ogenberg), posta sul fronte occidentale delle mura, allo sbocco di un vicolo che proveniva dalla cattedrale e alla sinistra (guardando dall’esterno) di una discontinuità delle mura (forse un arretramento funzionale alla difesa della stessa porta). Una possibile prova del fatto che alla fine del Cinquecento la porta fosse chiusa è data proprio dalle suddette cartografie, nelle quali su ogni porta urbica allora in funzione è posto un numero relativo alla leggenda, mentre su Porta Rota e sulla trecentesca Porta Nova (tra il bastione di San Giorgio e quello che fu poi detto di Maqueda) non esiste alcun numero, probabilmente perché ancora visibili e quindi degne di essere inserite nella rappresentazione, ma non più utili al passaggio e quindi non così necessarie da essere inserite in legenda.

Nel 1596 Di Lello, nella sua Historia della Chiesa di Monreale (p. 16 del Sommario dei Privilegi), scriveva: “Porta Rota era una delle porte di Palermo, hoggi è chiusa, et era sotto al Collegio de’ Canonici della Congregatione di S. Giorgio in Alga, chiamati in quella città di S. Giacomo della Màzzara, come n’apparisce anchora qualche segno” (Di Giovanni, I, p. 32).

Sempre secondo quanto riporta Di Giovanni (I, p. 32) Giardina vide ancora ai suoi tempi alcuni resti che così descrisse nel 1632: “usando io qualche special diligenza per rinvenire vestigio di questa porta, secondo quel sito che le descrisse Fazello, trovo in un muro immediatamente contiguo al Quartiere de’ soldati alla parte occidentale al di fuori della città, un chiarissimo vestigio di Porta, quale se fosse aperta corrisponderebbe in un luogo fra la chiesa di S. Giacomo la Mazara e del fiume Papireto, lasciando questa alla destra, questo alla sinistra; e probabilmente credo essere quello stesso vestigio di Porta che Giov. Francesco Pugnatore scrisse aver veduto poco più a ponente della chiesa di San Giacomo della Mazara, fra questa chiesa e l’angolo stesso delle pubbliche mura” (Giardina, Le Porte distrutte, pp. 16-17).

Porta Santagat

La Porta indicata da Ibn Hawqal col nome di Santagat era posta ad ovest della chiesa di S. Agata alla Guilla, probabilmente in corrispondenza del punto in cui l’attuale via Sant’Agata alla Guilla incrocia la Strada del Celso per poi continuare verso l’esterno in direzione del Capo. Assieme alla Bab al-Ruta era una delle porte che si aprivano sul fronte del circuito murario già in epoca prearaba.