Category: Riflessioni



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Ciao Mario, ci mancherai


Palme addio


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Via dell’Olimpo


 
Su Facebook è stato creato un gruppo "Via dell’Olimpo: fermiamo le stragi"; si sono iscritti in molti e 34 persone, fra giovani e meno giovani hanno lasciato il loro commento.
Ebbene, ancora oggi, dopo tutti questi morti, c’è qualcuno (13 persone per l’esattezza) che attacca la strada, i politici, gli "sbirri" (chiamati proprio così e non "tutori dell’ordine") e, udite udite, anche l’albero che sta nell’aiuola centrale.
Non sono molti ma neanche pochi (siamo quasi al 40%).
Ragazzi, ragazze, uomini, donne, svegliatevi.
Non chiamiamola, come tante altre, la strada della morte.
Le strade diventano pericolose solo quando vengono percorse da "criminali" a velocità folle.
E non si può certo prendere come giustificazione che è larga e lunga e che questo da solo invoglia a correre.
Le stragi sulle strade, non solo in Via dell’Olimpo, si fermano in un solo modo: RISPETTANDO IL CODICE DELLA STRADA!
Se in questa c’è un limite di velocità di 50 kmh una ragione ci sarà pure, cosa costa rispettarlo.
E poi mi dite una cosa? Se la si percorre a 50 kmh, dato che è lunga circa 2 km, se la matematica non è un’opinione, per percorrerla tutta si impiega 1 minuto e 40 secondi circa. Quante ore si risparmiano  percorrerla a 100 kmh? Appena 50 secondi di differenza, 50 secondi che a volte costano una vita intera.

Casa di Babbo Natale?


 
O Casa dello scandalo?
 

di Ivo Diamanti
 E’ un Natale strano. Sicuramente più buio degli altri. Non ho fatto indagini rigorose, al proposito. Non ho fatto sondaggi sul campioni rappresentativi della popolazione. Mi sono limitato a fare una passeggiata intorno a casa mia. Guidato dal mio schnauzer. Quindi abbastanza lunga, perché il mio cane non è mai stanco, quando riesce a trascinarmi fuori. E ho cominciato a guardare in giro, a fare un po’ di conti.
Gli alberi di Natale sono quasi scomparsi. Non solo quelli “strappati” dai boschi, ma anche quelli artificiali. Ecologici, come si usa dire nel linguaggio eticamente corretto. In effetti: finti. Non si vedono quasi più. Ne avrò contati cinque-sei in tutto il quartiere, peraltro densamente popolato e, negli anni scorsi, illuminato quasi a giorno, la sera: dagli alberi di Natale. D’altra parte, nelle case dove mi sono recato in questo periodo ho visto pochi presepi oltre che pochi alberi di Natale. Oppure presepi e alberi lillipuziani. Mignon. Alberelli alti trenta centimetri accanto a presepi larghi venticinque. Capanna, Giuseppe, Maria, bue e asinello intorno alla culla vuota. Con bambinello a parte, da riporre nella culla la Santa Notte.
Ho girato il quartiere trascinato dal cane senza accorgermi quasi del Natale che arriva. Se non per qualche filo di luci intermittenti arrotolato intorno ai balconi o al corrimano delle scale di ingresso. Qua e là un Babbo Natale aggrappato al muro. Non si capisce bene se in fuga oppure in arrivo. Orrendi. Li brucerei tutti.
E mi sono chiesto cosa stia succedendo, cosa sia successo. Questo Natale mesto e un poco oscuro, senza alberi, pochi presepi e qualche luce. Perché?
Perché – mi sono – detto la crisi spinge al risparmio. Induce a ridurre i consumi energetici.
E poi, manca l’atmosfera. Perfino la meteorologia congiura ad estraniarci. Come sentire il Natale quando da settimane siamo in mezzo a un monsone, pioggia pioggia e ancora pioggia, la sera nebbia? Manca il pathos.
Perché c’è poco da festeggiare e da celebrare. Con la crisi che incombe, il lavoro incerto, i redditi a rischio, il futuro corto e angoscioso. Chi ha voglia di luci, alberi di natale presepi e quantaltro…
Perché il senso del sacro e del mistero si è perduto. In questa società post-secolare. Anzi: post e basta. Il Dio che si fa uomo non stupisce, non richiede un “atto di fede”. Non dà gioia. Eclissato dal virtuale, da Second Life, dai miracoli della tecnologia che tutto crea… E’ routine.
Perché ormai è sempre Natale e Natale è, da troppo tempo, un giorno come gli altri. Neppure più una festa consumista, visto che il consumo è rito quotidiano e per questo non può stupire. Ci siamo assuefatti.
Perché è finito anche il tempo in cui i bambini attendevano la notte di Natale con gioia e timore. Non riuscivano a dormire dall’eccitazione. E temevano. Che Babbo Natale e Gesù Bambino appena giunti se ne andassero, perché i bimbi erano ancora svegli. Non ci crede più nessuno a Babbo Natale tanto meno al Bambin Gesù. E comunque se anche arrivassero non riuscirebbero a entrare nelle case. Troverebbero i bimbi in piedi fino all’alba, perché Natale è festa e si tira tardi davanti alla tivù, al pc e alla playstation.
E quanto ai regali… i nostri figli unici: ne sono sommersi da quando sono nati. Perché dovrebbero attendere il Natale con ansia?
Poche luci, pochi alberi di Natale e pochi presepi. Poca attesa e poca emozione. Per dirla con Spinoza: è l’epoca delle passioni tristi. Ma forse “passioni” è una parola fin troppo forte. Come la “tristezza”. Anche parlare di “epoca” pare esagerato. Più che un’epoca: un periodo. Un giorno come altri. Neppure tanto triste. Neppure tanto buio. Ma grigio.
Qualche luce intermittente e un babbo natale dimenticato sul muro dietro casa.

Tratto da “Repubblica.it”

Piccolo intermezzo personale


 Finalmente a casa.

Non perchè a Milano non ci sia stato bene, tutt’altro.
Ma casa mia alla fine mi mancava.
E’ stata una bella settimana; intensa, quasi senza un attimo di respiro.
Il tempo è volato via veloce e i miei compagni di viaggio, Fulvio, Momi e Stefano, sono stati eccezionali.
Dopo il lavoro, il tram n. 3 è diventato il nostro mezzo di trasporto da e per l’albergo; di strada in centro ne abbiamo fatta tanta e la stanchezza, fra lazzi e scherzi, non si sentiva quasi.
Fra shopping e ricerca di nuovi ristoranti le serate sono volate.
L’accoglienza dei colleghi di Milano è stata bellissima.
Voglio ringraziare tutti, sarebbe troppo lungo farne l’elenco, mi limito solo a Fausto e Danilo, e ai miei tre “istruttori” Sonia, Mauro e Roberto.