Category: Toponomastica storica



Guardiola (Vicolo della)da via Giovanni Meli a da Vicolo S. Eligio a piazza S. Andrea

Il 9 novembre del 1726 fu collocata, sulla sommità della colonna in marmo di piazza S. Domenico, la statua in bronzo dell’Immacolata Concezione.

Successivamente tra il 2 e il 3 aprile 1727, ai piedi della colonna stessa furono poste le statue dell’imperatore Carlo V e della moglie Elisabetta Cristina di Brunswich.

Il Senato per vigilare su statue e colonne istituì un corpo di guardia che fu di stanza in questo vicolo.

Lattarini (Via) – da via Discesa dei Giudici e da piazza S. Anna a via Grande Lattarini

Lattarini (Via grande)da Discesa dei Giudici e da via Roma a piazza Cassa di Risparmio

Il nome deriva da “Suk-el-Attariin” (il mercato dei droghieri) così come ancora oggi vengono chiamati alcuni borghi di Tunisi e di altri paesi musulmani.

In tempi passati vi erano alberghi e pensioni, oggi, invece, vi si trovano negozi e bancarelle che vendono per lo più jeans, giacconi di pelle e abiti di tipo militare.

Madonna dei Travicelli (vicolo) – da via Coltellieri a discesa dei Maccheronai

Il vicolo, già denominato “vicolo sotto la volta dei Coltellieri”; l’attuale nome venne assegnato dagli abitanti del luogo dopo vi furono poste delle travi per puntellare il tetto che copre il vicolo.

Mura della Lupa (vicolo) – da via Vittorio Emanuele a via Cala

Il nome deriva dai grandi depositi della dogana, detti “della lupa”, in quanto contenevano grosse quantità di merci.

Mura della Pace (via) – da via Garibaldi a via Magione (oggi non più in quanto è chiusa da un alto cancello)

In corrispondenza della porta di Termini sulla quale, nel 1657 fu costruito l’Oratorio della Pace, sede della omonima Compagnia che fu fondata nel 1580 con il nome di S. Maria della Consolazione o della Pace.

Sia la porta che l’oratorio furono abbattuti nel 1852 e la Compagnia si trasferì nella vicina chiesa di S. Venera.

Pappagallo (via del) – da via Alloro a piazza Marina

Originariamente si chiamava “via di Gambacorta” in quanto vi erano le case di proprietà della famiglia omonima. L’attuale denominazione deriva dalla presenza di un pappagallo che durante il giorno veniva esposto su un balcone del palazzo Rostagni.

Parlatoio (piazzetta del)tra salita S. Antonino e vicoli S. Matteo, Paternò e delle Vergini

Il nome deriva dall’ingresso del parlatoio del monastero delle Vergini, distrutto dai bombardamenti del 1943. Il parlatoio era stato ricavato in parte in una antica chiesa dedicata a S. Andrea Apostolo.

Quattro Aprile (via del) – da via Alloro a piazza Marina

Con questa denominazione si ricorda il tentativo rivoluzionario del 1860, finito poi tragicamente.

La rivolta antiborbonica, che avrebbe dovuto scoppiare proprio i 4 di aprile, fallì in quanto i congiurati, con a capo Francesco Riso, furono traditi e trovarono ad accoglierli i soldati comandati da terribile capo della polizia Maniscalco.

Cinque congiurati furono uccisi durante lo scontro, due riuscirono a fuggire mentre altri tredici furono catturati e fucilati nella piazza che poi prese il nome da tale evento.

Risorti (vicolo dei) – da via Vetriera a piazza S. Euno

La denominazione nasce dalla voce popolare che indicava i congiurati della fallita rivolta della Gancia che in questo vicolo ed in quelli vicini riuscirono a trovare rifugio scampando al massacro.

Salvezza (vicolo della) – da via Alloro a piazzetta dei Bianchi

In via Alloro, sul muro della chiesa della Gancia, è presente quella che viene comunemente denominata “Buca della Salvezza”, sopra la quale è posta una lapide che ricorda il nome dei due congiurati scampati alla fallita rivolta del 4 aprile 1860.

Nascosti nei sotterranei della chiesa, a contatto con i cadaveri che vi erano seppelliti, riuscirono a fuggire dopo cinque giorni grazie all’aiuto dei monadi e degli abitanti delle vicine case.

Vittorie (galleria delle) – tra via Maqueda, via Napoli e via Bari

Fu costruita nel 1937, nel corso del risanamento del rione Conceria e dedicata alle vittorie dell’Italia fascista.

Al suo posto vi era lq chiesa della Madonna della Volta, conosciuta anche come chiesa “di vintitrì scaluni”

 

(2 – continua)


Dopo essermi occupato dei toponimi legati ai mestieri e di quelli legati all’acqua, i post che seguiranno saranno dedicati a toponimi di particolare curiosità o rilevanza storica con notizie riguardanti la loro origine, la loro storia, il loro significato nonché la loro esatta ubicazione all’interno dei 25 quartieri in cui è suddivisa la città di Palermo.

Comincio dal Quartiere 1, Tribunali Castellammare

Addolorata (Vicolo)Fonderia a via Tavola Tonda

Nel passato il vicolo era chiamato “vicolo Coglitore” perché in gran parte era coperto dalle fabbriche del vicino palazzo Coglitore.

La denominazione attuale deriva da una edicola votiva che, in realtà, è un altare che contiene l’immagine della Madonna Addolorata.

La lapide posta porta la data del 31 marzo 1775.

Alloro (Via)dalle vie Torremuzza e Butera alle vie Alessandro Paternostro e Aragona

Il nome deriva da un secolare albero di alloro impiantato nel cortile posto all’interno della casa della Famiglia Bellacera (conosciuta oggi come palazzo Lo Faso di S. Gabriele).

L’albero fu abbattuto nel giorno di S. Barbara il 4 dicenbre del 1704.

Angelini (Piazzetta degli)da via Cavour a Via Bara all’Olivella, di fronte Palazzo Branciforte

Prende il nome dalla chiesa, da tanti anni ormai chiusa al culto, che fu fondata nel 1541 dalla nobildonna Giulia de Panicolis, intitolata alla Madonna del Pilieri.

La chiesa cambiò nome nel 1683 quando passò alla Compagnia dei Pizzicagnoli che la dedicarono a S. Maria degli Angeli, da cui i confrati presero il nome di Angelini.

Bandiera (Via)da via Roma a via Maqueda

Bandiera (Discesa)da via Bari a via Bandiera

La denominazione origina da un puttino in marmo, che reggeva una bandiera di ferro, situato in alto nel muro di palazzo Lionti, all’angolo con la via Giuseppe Patania.

L’edificio, nel XVI secolo, era di proprietà del protomedico Vincenzo Tantillo.

In uno scudo sorretto dal puttino, scomparso da tempo, era visibile lo stemma del Tantillo, formato da una mano in mezzo a due stelle, ed il motto EN QUI TANT POTUIT G.V.T.

Bara all’Olivella (via)da via Maqueda a via Lampedusa

Prende questo nome in quanto, nel passato, vi si conservava la “vara” su cui era posta la statua di S. Francesco di Paola

Bara sulle mura dell’Itria (via)da via Bara a via Salvatore Spinuzza

Le mura che esistevano tra porta Maqueda e porta Colonna prendevano questo nome dalla chiesa di S. Maria dell’Itria che aveva annesso anche un convento di carmelitani che lo ebbero in possesso dal 1592 al 1775, anno in cui il convento venne chiuso e trasformato in abitazioni.

La chiesa, invece, rimase aperta fino al 1867, quando fu trasformata in magazzino.

Sia le mura che la chiesa furono abbattute nel 1938 per ingrandire piazza Olivella.

Due Palme (cortile)tra piazzetta Due Palme e via Roma

Due Palme (piazzetta)tra via Roma e via Monteleone

Prendono il nome dalla vittoria, riportata il 12 marzo 1912 dal generale Ameglio, durante la guerra in Libia presso l’oasi “Due Palme”.

Per ricordare l’evento, quando furono realizzati i lavori per la creazione di via Roma, vi furono piantate due alte palme tutt’ora esistenti.

Grazia (arco e cortile della)da via Divisi a Vicolo Lampionelli

Prendono il nome da una edicola votiva, esistente sotto l’arco, dedicata alla Madonna delle Grazie.

Oggi, purtroppo, è completamente annerita e l’immagine non è più visibile.

 (1 – continua)


Prima di continuare con il racconto dell’origine dei toponimi delle strade di Palermo mi sembra doveroso ripercorrere un po’ della storia della toponomastica a Palermo.

I nomi delle strade, come in tutte le città, ricordano antiche tradizioni, mestieri, personaggi più o meno famosi o accadimenti storici memorabili.

Lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius scrisse che “i nomi delle strade sono come titoli dei capitoli della storia di una città e vanno rispettati e salvaguardati alla stessa stregua dei monumenti storici.

A Palermo, la vera e propria regolamentazione della nomenclatura delle strade, con l’introduzione dei numeri civici, avvenne con una ordinanza che risale al 1802; precedentemente per orientarsi venivano utilizzati riferimenti a edifici, chiese o altro oggetto facilmente riconoscibile da tutti.

Tale ordinanza precisava tra l’altro che: “Tutti i nomi delle strade e piazze e vichi saran descritti con cartelli di lunghezza di palmi tre e mezzo, e di palmi due di altezza, compresa la cornice, che li cinge intorno.

Questi cartelli, in cui con lettere della grossezza di quattr’once di palmo napoletano il nome della strada, vico o piazza è indicato, saran messi non solo nel principio e nel fine della strada, piazza o vico, servendo come di confine, ma ben anche sull’orlo di ogni strada, che ci vada a finire, onde ogni uomo, che vi giunga da qualunque parte, sappia, alzando gli occhi, non solo la strada da cui esce ma ben anche quella ov’entra.

Questi cartelli nelle strade e nelle piazze saranno di marmo bianco, con cornice di marmo pardiglio, e con le lettere scolpite e ripiene di piombo.

Ne’ vichi poi e ne’ luoghi men nobili, per evitarsi la spesa dei marmi, che non lascia di essere di qualche momento, i cartelli saran fatti della stessa forma in mattoni inverniciati, bianco e pardiglio, e colle stesse lettere negre inverniciate, imitando i cartelli di marmo.

Saran situati all’altezza da terra tra i nove e i dodici palmi, secondo le circostanze locali, che non si possono prevedere con precisione”.

Sulla carta le regole erano semplicissime e di facile attuazione ma a Palermo, si sa, niente può essere dato per scontato ed il popolo, che non era mai molto convinto delle novità che venivano introdotte, continuava a chiamare le strade con il loro vecchio nome e nel tempo, in parecchi casi, hanno continuato a mantenere il doppio nome.

Tempo fa, in altri post, mi sono occupato delle vie o piazze che, ai più, sono conosciute con nomi diversi da quelli che attualmente portano.

Gli esempi sono tantissimi, eccone alcuni:

La Statua: Piazza Vittorio Veneto

Via Roma nuova: Via Marchese di Villabianca

Via del Borgo: Via Francesco Crispi

Piazza Croci: in realtà sono due piazze: Piazza Francesco Crispi e Piazza Mordini

Piazza Politeama: anche qui due piazze: Piazza Ruggero Settimo e Piazza Castelnuovo

Quattro Canti (intesi come “cantoni”, angoli); qui bisogna fare una distinzione che non tutti sanno. Per tradizione per “Quattro Canti” si intende l’incrocio fra Via Maqueda e Corso Vittorio Emanuele; in realtà anche l’incrocio fra Via Ruggero Settimo e Via Mariano Stabile si chiama “Quattro Canti”. Come si fa a distinguerli? Facile, il primo si chiama “Quattro Canti di città” e l’altro “Quattro Canti di campagna”. Semplice no? Ma come si chiamano in realtà le due piazze? Quattro Canti di Città: Piazza Vigliena (o Villena); Quattro Canti di Campagna: Piazza Marchese di Regalmici

Piazza Massimo: Piazza Giuseppe Verdi

Piazza Stazione: Piazza Giulio Cesare

Piazza Ucciardone: Piazza Giachery

La rotonda di via Lazio (incrocio di Via Lazio/Viale Michelangelo con Viale Regione Siciliana): Piazza Alfredo Cucco

La rotonda di via Notarbartolo (incrocio fra Via Leonardo da Vinci e Viale Regione Siciliana): Piazza Albert Einstein

La Conigliera (strada che unisce Viale Michelangelo con Via Leonardo da Vinci): Via Umberto Maddalena

Lo stradone dello ZEN: Via Lanza di Scalea

Corso Olivuzza: Corso Finocchiaro Aprile

Piazza Olivuzza: Piazza Principe di Camporeale

Salita e discesa di Monte Pellegrino; qui il palermitano si supera; ad una stessa strada vengono assegnati due nomi come se fossero a senso unico, una per salire e una per scendere. In realtà, sia dal lato di Palermo che dal lato di Mondello si può salire al Santuario di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino e dalla stessa strada ridiscendere. Il vero nome della strada? Via Monte Ercta

Discesa di Mondello (anche se la si fa in salita): Viale Margherita di Savoia

Piazza Borsa: Piazza Cassa di Risparmio

Forse sarebbe il caso, nell’impossibilità di ripristinare le vecchie nomenclature, di affiancare all’attuale denominazione anche quella che fu un tempo, magari con l’indicazione del periodo in cui si chiamò con quel nome.

Ma forse questo è pretendere troppo!


Dopo avere parlato delle strade dei mestieri oggi mi occuperò dei toponimi legati all’acqua.

Tre rioni di Palermo hanno il toponimo derivante dall’acqua, uno è molto facile, il rione Papireto che, chiaramente, prende il nome dal fiume che un  tempo scorreva in superficie e che oggi scorre sotto il livello stradale.

Meno semplice è la matrice del rione Danisinni o Denisinni; il nome deriva dalle storpiature, avvenute in epoche successive, del nome arabo della sorgente Abù sa’id (in arabo Ayn ‘abi Sa’id).

Il rione della Guilla, nel quartiere del Capo, deriva da una sorgente d’acqua, che al tempo degli arabi veniva denominata con il nome di Wadi (fiume) che poi, storpiato divenne Guidda e poi Guilla.

Le piazze del Garraffo e del Garraffelo prendono il nome dalla presenza di sorgenti, che un tempo alimentavano le due fontane, che in arabo erano chiamate Garraff ovvero sorgente che da molta acqua.

Vicolo e Cortile del Pozzo a Palazzo Reale, detto anche Pozzillo per la presenza di un pozzo di acqua freschissima, e Cortile del Pozzo al Molo prendono il nome dalla presenza dei predetti pozzi.

Dalla distribuzione dell’acqua derivano altri toponimi come Cortile Fonte nel vicolo d’Ossuna, Piazzetta Fontana in via G. La Masa e il Cortile Fontana nel vicolo Pipitone al Molo.

La conservazione dell’acqua diede il toponimo al Vicolo della Vasca vicino via Carrettieri, Vicolo della Giarra nei pressi di via Quattro Coronati, al Cortile della Giarra ai Mori nel vicolo Mori, al Cortile della Giarra all’Orologio, vicino via dell’Orologio ed al Cortile della Giarra a Santa Teresa nel Mandamento Tribunali.

Inoltre esistono anche il Cortile Conca, il Vicolo della Pila e il Vicolo dei Pilicelli, che derivano dai recipienti per lavare la biancheria, che si trovano nel Mandamento Monte di Pietà.


La strada dei “Sanguinazzai”

Nel vicolo che porta questo nome, che va da piazza S. Onofrio a via S. Agostino, nelle vicinanze di quello che fu il macello della Bocceria Nuova,  si confezionavano salsicciotti con sangue animale, detti “sanguinazzai”.

La strada dei “Saponari”

Era situata nel quartiere del Cassaro e, nel XIII secolo, venne definito con vari nomi come “Zuzac Ebassum” (vicolo del sapone), “ruga Saponis Casseri”, “ruga di lu Sapuni” e “vanella di Saponia”.

Nell’Ottocento, nel Mandamento Monte di Pietà, vicino Porta Carini, esisteva la piazzetta della Saponeria, così chiamata perché vi era una fabbrica di sapone.

La strada degli “Schioppettieri”

Ancora oggi esistente, tra la Discesa dei Giudici e via Vittorio Emanuele, ospitò alcuni fabbricanti di armi da fuoco.

La strada degli “Scopari”

L’odierna via degli Scopari, che va da via Butera a via Quattro Aprile, nell’antichità ospitava gli artigiani che confezionavano scope.

La strada dei “Sellieri”

Nella seconda metà del Cinquecento, in via Alessandro Paternostro, nel tratto compreso tra piazza S. Francesco d’Assisi e via Vittorio Emanuele, si trovavano oltre che le botteghe dei “guarnamentari”, anche quelle dei costruttori di selle da cui ne deriva anche la denominazione di la “Selleria”.

Il cortile del “Semolaio”

In questo cortile, ubicato nei pressi della piazza dei Tedeschi, vi era la bottega di un cernitore di semola.

La strada dei “Seggitteri”

I “seggitteri” le persone che a  servizio del pubblico conducevano le portantine, dette anche “sedie volanti” abitavano nell’odierna via Sedie Volanti, nel mandamento Monte di Pietà.

Al Capo è ancora esistente anche la via dei Seggittieri mentre è da tempo l’omonima via che era presente nel quartiere Ballarò.

La strada degli “Spadari”

Già nel XIV secolo, nei pressi di Porta Patitelli, esisteva la “ruga Spatariorum” o “viam Spatatorium”, nella quale operavano artigiani che fabbricavano spade ed armi bianche.

Nello stesso quartiere esisteva anche la “contrata Vaginorum”, ovvero costruttori di foderi per armi bianche.

Nel XVII secolo gli “spadari” svolgevano la loro attività nell’odierna via Materassai, nel tratto compreso tra via dell’Argenteria Vecchia e piazza S. Giacomo la Marina che era conosciuto come “vanella delli Spatara”. Nel periodo di maggiore sviluppo occuparono anche la piazza S. Giacomo.

Quando fu istituito il divieto per gli artigiani di portare con se armi bianche, il lavoro degli spadari si ridusse fino a scomparire e le loro botteghe furono occupate dai materassai da cui prende l’attuale nome.

La strada degli “Stazzonari”

Questi erano i fabbricanti di vasi e stoviglie di terracotta ed avevano le loro fabbriche nella via Stazzone, di cui resta una minima parte sul lato sinistro di via Torino, entrando da via Maqueda. La via Stazzone, corrispondenza all’incirca alle vie Torino e Milano, prima che venissero tagliate per la creazione dell’ultimo tratto di via Roma.

La strada degli “Tintori”

Gli artigiani che tingevano panni e stoffe operavano nella via dei Tintori, ancora oggi esistente, che congiunge la via Vittorio Emanuele e la via dei Cassari.

Il vicolo dei Tintori, invece, esisteva nel mandamento Monte di Pietà; ospitava, verso la metà del 1700 una officina adibita alla tintura dei panni di lana.

La strada dei “Torciari”

Le botteghe dei produttori di torce, nel XVII secolo occupavano, insieme ai calzettieri, l’odierna via dei Pannieri che collega piazza Caracciolo a via Vittorio Emanuele.

La strada dei “Tornieri”

In questa strada vi erano le botteghe dei tornitori di legno e metallo e, nell’ultimo tratto, si trovava l’Officina dei Regi Pesatori, addetti al controllo di pesi e misure. Per questo motivo veniva anche chiamata via dei Pesatori e dei Tornieri.

Dopo il risanamento della zona, a seguito dei lavori per il taglio della via Roma, la strada scomparve quasi per intero; ne rimane solo l’ultimo tratto che congiunge via Vittorio Emanuele a via Zara.

La via della “Vetriera”

Nei pressi di via Alloro ancora oggi esiste la via della Vetriera, così chiamata in quanto ospitava una fabbrica di oggetti di vetro, che fu distrutta da un incendio nella seconda metà del 1800.

La strada dei “Zagarellai”

I tessitori e negozianti di nastri di seta nel Seicento avevano le loro botteghe in via dei Cassari nelle vicinanze di piazza del Garraffello.

Successivamente, e fino ad oltre la metà del 1800, si spostarono in un vicolo che congiunge la via Alloro con il vicolo degli Scopari. Ancora oggi sia il vicolo che la vicina piazzetta conservano ancora questo nome.

La strada degli “Zimmillari o Zimmilari”

Gli artigiani addetti alla costruzione di ceste e grandi sporte, dette “zimmili”, realizzate in giunco o con materiale simile che venivano poste sul dorso degli animali da soma per il trasporto di vario materiale, svolgevano le loro attività nei cortili 1° e 2° Zimmilari.

Dopo le modifiche subite dalle urbanistiche della zona sono rimaste, fino ad oggi il cortile e la piazzetta degli Zimilari, tra la via Cesare Battisti e la via Chiappara al Carmine.

La piazzetta dello “Zucchero”

Sia la piazzetta che i vicoli esistenti ancora oggi nel quartiere dell’Albergheria, prendono questo nome in quanto, probabilmente, nel passato, vi si fabbricava lo zucchero. Quasi certamente, invece, il nome deriva dalla presenza, in tempo antichi, di un deposito e di negozi che vendevano zucchero.

(FINE)


La strada dei “Maccheronai”

Nella metà del 1400 una “Ruga de li Maccarrunari” esisteva nel quartiere della Kalsa ma, fino alla fine del 1800 i pastai ebbero le loro botteghe soprattutto in via Maccheronai che collega piazza Caracciolo a piazza San Domenico.

La strada dei “Maestri d’acqua”

Anticamente i maestri fontanieri svolgevano la loro attività in due vie ancora oggi esistenti: Via Maestri d’acqua a Monte di Pietà e via Maestri d’acqua a Tribunali.

I luoghi dei “Marmorai”

I lavoratori del marmo nel passato svolsero la loro attività nel rione del Capo in quella che veniva chiamata via dei Marmorai e che oggi prende il nome di via Gianferrara.

Successivamente spostarono le loro attività fuori dalle mura ed il luogo prese il nome di piazza de’ Marmi, oggi piazza Nicolò Turrisi.

La strada dei “Materassai”

Nella metà del Settecento gli artigiani che confezionavano materassi avevano le loro botteghe in via dei Spadari che da allora prese il nome di via dei Materassai.

La strada dei “Mercieri”

Prima del XVI secolo la via dei Cassari prendeva il nome di via dei Mercieri in quanto ospitava le botteghe di questi negozianti.

All’inizio del Settecento i mercieri si stanziarono in via del Garraffello che veniva chiamata Merceria Piccola o via dei Mercieri.

La strada dei “Mezzani”

Tutt’ora esistente nel mandamento Castellammare, ospitava venditori di “robbe” vecchie all’incanto per mezzo di mediatori che venivano appunto chiamati “mezzani”.

Anche se successivamente la figura dei mediatori lentamente scomparve, la strada conservò ugualmente questo nome.

La strada dei “Nassaiuoli”

Ancora oggi esistente nel quartiere della Kalsa, prende il nome da molti pescatori che utilizzavano, per il loro lavoro, delle caratteristiche gabbie, preparate con giunco e altre fibre vegetali, dette “nasse”.

Le strade della “Neve”

La neve raccolta d’inverno veniva conservata nelle montagne e rivenduta d’estate in una bottega che si trovava in un vicolo che da via Alloro porta a piazza Marina che ancora oggi prende il nome di vicolo della Neve all’Alloro.

Un’altra bottega per la vendita della neve si trovava nel vicolo Viola, che congiunge via Maqueda a piazza del Ponticello.

Il cortile dell’ “Olio di lino”

Questo prodotto veniva venduto in un cortile, oggi non più esistente, nei pressi di via degli Schioppettieri.

La strada dei “Pannieri”

Prende il nome dalla presenza di commercianti di panni. La via Pannieri unisce corso Vittorio Emanuele a Piazza Caracciolo.

In precedenza le loro botteghe erano nel tratto di via Argenteria che unisce la piazza del Garraffo alla piazza del Garraffello.

Il vicolo dei “Pieduzzi”

Si trova nel Mandamento Monte di Pietà ed era così chiamato perché anticamente vi abitavano alcuni venditori di piedi di capretto e agnello bolliti.

La strada dei “Pignatari”

Nei Seicento, i fabbricanti di pentole, dette “pignate”, avevano le loro botteghe nell’attuale via Porto Salvo.

La strada dei “Pirriaturi”

In questo vicolo, ancora oggi esistente nel rione del Capo, sin dall’antichità ospitava le case di quelli che andavano a lavorare nelle “pirriere”, le cave di pietra


La piazzetta dei “Fagiolai”

ncora esistente nei pressi di Porta S. Agata, nel quartiere dell’Albergheria, prende il nome dai numerosi venditori di verdure e legumi cotti e, soprattutto di fagioli verdi, che in questa piazzetta abitavano.

Le strade dei “Formai” e dei “Pianellari”

Un tratto dell’antica via dei Formai è ancora oggi esistente nel tratto di via Roma compreso tra corso Vittorio Emanuele e Piazza San Domenico. Prese questo nome in quanto fu sede di botteghe di artigiani che realizzavano forme in legno per scarpe.

Anticamente questa stessa strada, che prendeva il nome di Ruga Patitellorum, ospitava botteghe di artigiani che costruivano zoccoli in legno, chiamati “patiti” da cui non solo la strada ma anche la Porta di Mare (l’antica Bâb-al-Bâhr araba) nel medioevo prese il nome di Porta Patitelli che diede il nome anche all’intero quartiere.

I “curvisieri”, ovvero i calzolai, che producevano scarpe di qualità superiore agli zoccoli, operarono nelllo stesso quartiere in quella che veniva chiamata Ruga Planellariorum.

La strada dei “Frangiai”

Questi artigiani, che lavoravano frange di cotone, di seta o di lana, nel XVII secolo avevano le loro botteghe nella via, che collega via della Loggia a piazza Caracciolo,  che ancora oggi prende questo nome. Fino ai primi del Seicento questa strada veniva chiamata via dei Filandieri.

La strada dei “Gipponari”

Veniva così chiamato uno dei due lati di via Chiavettieri che ospitava, nel XVII secolo, le botteghe dei sarti che confezionavano un particolare tipo di giubbotto.

Il cortile del “Giunco”

Non più esistente, in quanto distrutto insieme al rione S. Giuseppe per la costruzione del Teatro Massimo, prendeva questo nome per la presenza di un magazzino dove si vendeva il giunco usato per fare sporte e ceste .

La strada dei “Guarnamentari”

Nei primi anni del 1600 gli artigiani che lavoravano e vendevano finimenti per cavalli, carrozze e carretti, detti “guarnamentari”, avevano le loro botteghe nel tratto di via Alessandro Paternostro nel tratto compreso tra piazza S. Francesco d’Assisi e corso Vittorio Emanuele.

La strada dei “Fabbricanti di Lampioncini”

Ancora oggi detta vicolo Lampionelli, traversa di via Divisi, ospitava le botteghe di alcuni artigiani che fabbricavano piccole lanterne in latta dette, appunto, “lampionelli”.

La strada dei “Portatori di Lettighe”

I conduttori di lettighe, detti “lettighieri”, abitavano nell’odierna via dei Lettighieri alle Mura dell’Itria, in parte ancora esistente nel mandamento Castellammare.

La strada dei “Librai”

Nel XVI e XVII secolo i commercianti di libri, quasi tutti di origine pisana, esercitavano il loro commercio nell’attuale via della Loggia, allora chiamata “ruga de Pisis”, “ruga Pisanorum”, “via dei Pisani”, “strada di Pisa” o “via delli Librara”.

Successivamente essi estesero la loro attività anche nel tratto iniziale di via Alessandro Paternostro.

Nell’Ottocento, però, le librerie della città si concentrarono, essenzialmente, lungo la via Toledo.


La strada dei “Chiodai”, dei “Chitarrai” e dei “Cintorinai”

Già nel duecento i venditori di chiodi possedevano le loro botteghe sul lato destro del tratto via Alessandro Paternostro che va da piazza S. Francesco d’Assisi e corso Vittorio Emanuele. La stessa strada, in passato fu anche chiamata via dei Chiodari così come venne definita anche la chiesa di S. Francesco d’Assisi.

Verso la metà del cinquecento, lo stesso tratto di strada era in parte occupata da costruttori di strumenti musicali a corda da cui ne derivò il nome di via dei Chitarrai.

Nell’ottocento vi si insediarono le botteghe degli artigiani che lavoravano cinture ed altri oggetti in pelle, chiamati “cinturinari” da cui prese il nome di via dei Cintorinai.

Ancora oggi in questa strada esistono negozi in cui vengono vendute valige, borse ed altri manufatti in pelle.

La strada dei “Coltellieri”

Nel cinquecento le botteghe dei fabbricanti di coltelli avevano sede in via dei Materassai, nel tratto compreso tra via Argenteria Vecchia e piazza San Giacomo la Marina.

Verso la fine dello stesso secolo e fino al settecento si stanziarono nella via dei Bambinai nel prolungamento verso piazza Valverde, l’attuale largo dei Cavalieri di Malta, fino a raggiungere la via Squarcialupo.

Successivamente spostarono le loro botteghe nella strada che collegava piazza Caracciolo a piazza S. Andrea che ancora oggi conserva questo nome.

Il cortile del “Cordaro”

Ancora esistente in via dell’Orologio, prese il nome dalla presenza di un artigiano costruttore di corde.

Anche una porta che si apriva sulle mura della città, nei pressi nei pressi del convento di S. Francesco d’Assisi, prese lo stesso nome in quanto nei suoi pressi si erano stabiliti alcuni fabbricanti di corde.

Il vicolo del “Crivellaro”

In questo vicolo, compreso tra la via Porta di Castro e il vicolo si Santa Maria Maggiore, nel quartiere dell’Albergheria, esercitò per lungo tempo un costruttore di setacci che, in dialetto, vengono detti “crivi”.

La strada dei “Crocifissari”

Alla fine del XVIII secolo alcuni scultori di crocifissi in osso stabilirono la loro attività nell’attuale via dei Bambinai; alcuni di essi furono anche attivi nel rione del Capo, dalla via Cappuccinelle alla via Gesù e Maria al Papireto.

Le contrade dei “Fabbri” e dei “Calderai”

Nel X secolo la contrada dove operavano i fabbri ferrai si trovava oltre la Porta dei Negri (Bâb-as-Sudân), nel Quartiere Nuovo nei pressi della parrocchia di S. Nicolò all’Albergheria. Successivamente si stabilirono anche nella contrada della Ferraria alla quale si accedeva dalla Porta Iudaica (Bâb-al-Hadid o Porta del Ferro) che immetteva anche nel vicino quartiere degli ebrei.

In questa contrada, nell’odierna via del Calderai, si stabilirono anche i costruttori di caldaie, secchi ed altri oggetti in lamiera metallica, molte delle quali sono presenti ancora oggi.

Nei pressi di Porta S. Antonino, fino all’inizio del secolo scorso, esisteva il vicolo degli Affumati, così chiamato perché vi abitavano alcuni fabbri ferrai sempre sporchi dal fumo prodotto dal carbon fossile delle loro forge.


La strada dei “Cafisari”

Ancora oggi esistente nel quartiere dell’Albergheria, prese questo nome per via dei sensali e venditori di olio all’ingrosso (Cafisari) che vi abitavano. Venivano così chiamati in quanto nel loro lavoro l’unità di misura utilizzata era il “cafisu”, un recipiente in zinco di circa 16 litri di capacità.

La contrada dei “Caldomai”

Esistono ancora oggi sia il vicolo che la piazzetta nei pressi di quello che fu il macello della carne (Bocceria Nuova). Il nome deriva dalle botteghe di venditori di interiora di vitello cotte, detti “quarumara”.

La strada dei “Calzettieri”

Si presume fosse l’odierna via Pannieri, nei pressi dell’allora esistente Porta Patitelli, vicolo che collega corso Vittorio Emanuele a piazza Caracciolo, ed era chiamata “Ruga Calzerariorum”.

La strada de “Calzonai” prima denominata dei “Cammisari”

Ancora oggi esistente tra corso Vittorio Emanuele e via Terra delle Mosche. Prese questo nome nel XVIII secolo in quanto ospitava i sarti che confezionavano esclusivamente calzoni. Prima di allora, fin dalla metà del XVI secolo quando fu aperta, era intitolata ai “Cammisari”.

La strada dei “Candelai”

Nel cinquecento le botteghe dei fabbricanti di candele erano quasi esclusivamente presenti in una stradina che si apriva nell’odierna via del Coltellieri, nei pressi della chiesa di S. Eulalia dei Catalani. Nei secoli successivi abbandonarono la strada per stabilirsi in quella che ancora oggi viene chiamata via dei Candelai.

Nell’ottocento industrie e magazzini di cera erano anche presenti nel cortile della Cera alla Magione, oggi cortile della Cera a Tribunali e nel Borgo di S. Lucia, in via della Cera e nel cortile della Cera.

Originariamente anche in via Abela, che collega via Pignatelli Agarona con piazza S. Oliva, veniva chiamata via del Candelaro, in quanto probabilmente vi abitava un costruttore di lucerne di latta.

Via dei “Cappellieri”

Nel mandamento Castellammare esiste ancora il vicolo, una volta cortile, dei Cappellieri, che unisce la via Bara all’Olivella alla via Spinuzza.

Il nome deriva dalla presenza di una piccola fabbrica di cappelli.

In via S. Agostino esiste ancora un cortile del Cappellaio che prende il nome dalla presenza, nel passato, di un restauratore di vecchi cappelli.

La strada dei “Carrettieri”

Anche per il nome di questa strada c’è una doppia interpretazione; la prima fa riferimento alla presenza di costruttori di carri, la seconda, invece, propende per il fatto che vi abitavano i conduttori di carretti, detti appunto “carrettieri”.

E’ più probabile che la tesi esatta sia la seconda in quanto i costruttori di carri venivano chiamati “carruzzeri” e non “carritteri”.

Nella borgata Settecannoli oggi esiste anche un cortile dei Carri in quanto anni addietro vi si trovavano le botteghe di alcuni costruttori di carretti siciliani.

La via delle “Carrozze”

Nella contrada del Molo, tra corso Scinà e via Speziale, ancora oggi esiste la via delle Carrozze, inquanto un tempo ospitava officine che costruivano carri e carrozze.

Nella seconda metà dell’ottocento, però, la maggior parte dei costruttori di carrozze erano presenti nel mandamento dei Tribunali nelle vie Alloro, Lungarini, Spasimo, Teatro S. Cecilia e Vetriera e nella piazza Magione.

La strada dei “Fabbricanti di Carte da Gioco”

Alcune botteghe di fabbricanti di carte da gioco erano presenti nella via dei Cartari, prolungamento di via del Parlamento fino a Piazza Cassa di Risparmio. Nella stessa strada in alcuni negozi si vendevano anche stampe popolari, principalmente di carattere religioso.

La strada dei “Cassari”

Gli artigiani che costruivano casse, scale a pioli, remi, “pile” ed altri oggetti di falegnameria, nel XVI secolo occupavano il Piano del Tarzanà, nei pressi della Cala, oltre che il vicolo e la piazzetta oggi chiamati del Cassarelli.

Successivamente si trasferirono nella strada che era stata dei Mercieri che quindi assunse la nuova denominazione.

La strada dei “Cavolai”

Anticamente esistente nel quartiere dell’Albergheria e oggi non più esistente, veniva anche chiamato dei Cavolicellari.

Vi svolgevano la loro attività i venditori di verdure, in genere i “cavuliceddi”, anche cotte.

Il cortile del “Cataro”

Ancora oggi esistente in via S. Agostino; prende il nome dalla presenza, nel passato, di un costruttore di secchi, detti “cati”.

La strada dei “Modellatori di Cera”

All’inizio del XIX secolo i fabbricanti di ex voto in cera “bambiniddara” o “bambinai” avevano le loro botteghe nella strada che era stata dei Coltellieri e dei Crocifissari che, successivamente, fu chiamata via dei Bambinai, nome che ancora oggi detiene.

Il vicolo dei “Cerinai”

Gli artigiani che fabbricavano fiammiferi di zolfo e fosforo avevano le loro botteghe in un vicolo del mandamento Monte di Pietà, allora conosciuto come discesa dei Pallegrini, che nell’ottocento prese il nome di via dei Cerinai.

Nella borgata di Sferracavallo esiste un cortile del Cerinaio, così denominato perchè vi abitava un fabbricante di zolfanelli.

La strada dei “Chiavettieri”

I fabbricanti di chiavi, chiavistelli e serrature, sin dalla fine del XVI secolo, avevano le loro botteghe su un lato della omonima odierna via che unisce corso Vittorio Emanuele a via dei Cassari


A Palermo esistono parecchie strade che prendono il nome dai mestieri di chi, nel passato, vi dimorò per brevi o lunghi periodi.

Oggi comincio questa breve storia, che per forza di cose, dato il loro numero, sarà suddivisa in puntate.

 La strada degli “Acquavitari”

 Nei pressi di S. Agostino, prese questo nome per la presenza dei venditori sia di acquavite che di acqua fredda con anice che vi avevano anche costruito nel 1730 una piccola chiesa, dedicata alla Madonna delle Grazie, appartenente alla loro pia unione.

La strada degli “Arripizzaturi” di scarpe

Oggi via dei Cassari, prese questo nome per la presenza di alcuni immigrati calabresi che nel XVII secolo vi si insediarono avviando l’attività di conciatori di scarpe. La stessa strada per questo motivo fu anche chiamata del “Calabresi”, degli “Scarpara” o degli “Scarparelli”.

Vi è un’altra via che prese il nome di via degli “Scarparelli”; collega la Rua Formaggi alla via Benfratelli all’Albergheria.

Il nome si collega al fatto che in essa si trovavano le botteghe di venditori di scarpe vecchie rappezzate, chiamati anche “scarpareddi” ovvero “calzolai di poco conto”.

Le strade degli “Argentieri”, “Orafi” e “Ambrai”

Nel XVII e XVIII secolo orafi e argentieri si stabilirono con le loro botteghe in tre strade.  La prima andava dall’attuale via dei Materassai, nel tratto che va da piazza Garraffello fino a via dell’Argenteria Vecchia, la seconda era l’attuale via dell’Argenteria Vecchia, la terza è l’attuale via Ambra che venne chiamata così in quanto vi si stabilirono alcuni artigiani che lavoravano l’ambra.

Tra la fine del settecento e l’inizio dell’ottocento la loro attività si estese anche nell’odierna via dell’Argenteria Nuova.

Questa strada, nel medioevo, era denominata anche “Ruga Catalanorum” (via dei Catalani), “Ruga Planellalorium” (via dei Panellai) o “Ruga de Garraffu” (via del Garraffo).

Successivamente prese anche il nome di via dei Pannieri e via della Loggia che però non erano le stesse con le quali sono conosciute oggi altre due strade.

La strada dei “Barbieri”

Oggi via dei Cassari, nel XV secolo venne denominata “Ruga Barberiorum” (via dei Barbieri) in quanto vi si insediarono molti barbieri. La loro presenza in questa strada fu dovuta alla al fatto che

essendo posta tra il porto e le logge dei mercanti ne aveva assunto una posizione strategica.

La contrada dei “Berrettai”

Dalla fine del XIII secolo gli artigiani che confezionavano un tipo di berretto, detto coppola, da qui il nome di “coppolari” si insediarono nel quartiere di Porta Patitelli che prese il nome di “Contrata Coppolariorum” (contrada dei Coppolari)

Il cortile dei fabbricanti di “Bisacce”

Si trova nei pressi di piazza del Ponticello e prese il nome da alcune botteghe di artigiani che confezionavano bisacce per animali da soma.

La strada dei “Biscottai”

Ancora esistente, con il nome di via dei Biscottai, nel quartiere dell’Albergheria, prese il nome dalla presenta di alcuni forni specializzati nella produzione di diversi tipi di biscotti.

La strada del “Bottai”

Ancora esistente, con il nome di via dei Bottai, ospitava, fino alla seconda metà dell’ottocento le botteghe di alcuni artigiani che costruivano botti, barili, tinozze e altri recipienti in legno.

La strada dei “Bottonari”

ggi via Terra delle Mosche, prese il nome per la presenza, nel seicento, di fabbricanti di bottoni di ogni genere e si estendeva fino alla via dei Calzonai. Successivamente si trasferirono nell’odierna via dei Frangiai occupando anche l’attuale vicolo Paterna. Vicolo dei Frangiai e vicolo Paterna furono anche denominati via dei “Bottonari” e via dei “Bottonari Nuovi” per distinguerle dalla precedente che prese il nome di via dei “Bottonari Vecchi”.

La strada dei “Busari”

Sull’origine del nome di questa via, ancora oggi esistente nel quartiere dell’Albergheria, esistono due ordini di pensieri. Il primo asserisce che il nome deriva dalla presenza di venditori  di fasci di gambo di ampelodesmo (le cui foglie si usano per legare viti o fare corde), detti “busi”. Il secondo, invece, fa derivare tale nome dalla presenza di fabbricanti di piccoli ferri per fare le calze, comunemente chiamati “busi”.

Un altro vicolo dei Busari è oggi presente nel rione del Capo è qui è certo che nel passato vi erano presenti botteghe di artigiani per ferri per fare la calza.