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Dopo avere parlato delle strade dei mestieri oggi mi occuperò dei toponimi legati all’acqua.

Tre rioni di Palermo hanno il toponimo derivante dall’acqua, uno è molto facile, il rione Papireto che, chiaramente, prende il nome dal fiume che un  tempo scorreva in superficie e che oggi scorre sotto il livello stradale.

Meno semplice è la matrice del rione Danisinni o Denisinni; il nome deriva dalle storpiature, avvenute in epoche successive, del nome arabo della sorgente Abù sa’id (in arabo Ayn ‘abi Sa’id).

Il rione della Guilla, nel quartiere del Capo, deriva da una sorgente d’acqua, che al tempo degli arabi veniva denominata con il nome di Wadi (fiume) che poi, storpiato divenne Guidda e poi Guilla.

Le piazze del Garraffo e del Garraffelo prendono il nome dalla presenza di sorgenti, che un tempo alimentavano le due fontane, che in arabo erano chiamate Garraff ovvero sorgente che da molta acqua.

Vicolo e Cortile del Pozzo a Palazzo Reale, detto anche Pozzillo per la presenza di un pozzo di acqua freschissima, e Cortile del Pozzo al Molo prendono il nome dalla presenza dei predetti pozzi.

Dalla distribuzione dell’acqua derivano altri toponimi come Cortile Fonte nel vicolo d’Ossuna, Piazzetta Fontana in via G. La Masa e il Cortile Fontana nel vicolo Pipitone al Molo.

La conservazione dell’acqua diede il toponimo al Vicolo della Vasca vicino via Carrettieri, Vicolo della Giarra nei pressi di via Quattro Coronati, al Cortile della Giarra ai Mori nel vicolo Mori, al Cortile della Giarra all’Orologio, vicino via dell’Orologio ed al Cortile della Giarra a Santa Teresa nel Mandamento Tribunali.

Inoltre esistono anche il Cortile Conca, il Vicolo della Pila e il Vicolo dei Pilicelli, che derivano dai recipienti per lavare la biancheria, che si trovano nel Mandamento Monte di Pietà.


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Il Bastione di San Vito

 

E’ l’unico bastione esistente delle mura che chiudevano la parte settentrionale della città; chiamato anche Bastione Gonzaga in quanto fatto costruire attorno al 1537 dal vicerè Ferdinando Gonzaga.

Lo si trova in via Volturno accanto la sede dell’AMAP ed è poco visibile dalla strada.

Uno stretto vicolo, divideva il Bastione dal monastero di S. Maria di tutte le Grazie, conosciuto anche come S. Vito, che era di proprietà delle francescane di Terz’Ordine, che fu costruito nel terzo decennio del 1600 aggregandolo alla già esistente chiesa di S. Vito, sede della congregazione che porta lo stesso nome. In cambio della chiesa fu costruito, quasi di fronte, un oratorio.

Le religiose, per unire la loro casa al bastione costruirono un sovrappassaggio.

Il monastero contribuì, inoltre, alla costruzione di porta Carini, che per essere posta in linea con gli edifici che nel frattempo erano sorti addossati al paramento esterno delle mura, creando l’attuale via Volturno, fu spostata più in avanti.

Il bastione fu trasformato in giardino (il primo orto botanico di Palermo) ed aveva un porticato che ne copriva l’intero perimetro, con un piccolo padiglione che si trovava all’imboccatura del sovrapassaggio.

Dopo la metà del 1800, quando vennero eliminati gli ordini religiosi, il monastero di S. Vito venne acquisito dal demanio statale che lo trasformò in caserma ed il giardino venne completamente abbandonato.

Ancora oggi il monastero è sede del Nucleo Investigativo dei Carabinieri.

Il bastione passò a privati che hanno creato una passerella in ferro per poterlo raggiungere da un vicino edificio.

Il giardino, ancora esistente, è oggi incolto ed abbandonato e l’unica struttura esistente è il piccolo padiglione, in stile ottocentesco.


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La strada dei “Sanguinazzai”

Nel vicolo che porta questo nome, che va da piazza S. Onofrio a via S. Agostino, nelle vicinanze di quello che fu il macello della Bocceria Nuova,  si confezionavano salsicciotti con sangue animale, detti “sanguinazzai”.

La strada dei “Saponari”

Era situata nel quartiere del Cassaro e, nel XIII secolo, venne definito con vari nomi come “Zuzac Ebassum” (vicolo del sapone), “ruga Saponis Casseri”, “ruga di lu Sapuni” e “vanella di Saponia”.

Nell’Ottocento, nel Mandamento Monte di Pietà, vicino Porta Carini, esisteva la piazzetta della Saponeria, così chiamata perché vi era una fabbrica di sapone.

La strada degli “Schioppettieri”

Ancora oggi esistente, tra la Discesa dei Giudici e via Vittorio Emanuele, ospitò alcuni fabbricanti di armi da fuoco.

La strada degli “Scopari”

L’odierna via degli Scopari, che va da via Butera a via Quattro Aprile, nell’antichità ospitava gli artigiani che confezionavano scope.

La strada dei “Sellieri”

Nella seconda metà del Cinquecento, in via Alessandro Paternostro, nel tratto compreso tra piazza S. Francesco d’Assisi e via Vittorio Emanuele, si trovavano oltre che le botteghe dei “guarnamentari”, anche quelle dei costruttori di selle da cui ne deriva anche la denominazione di la “Selleria”.

Il cortile del “Semolaio”

In questo cortile, ubicato nei pressi della piazza dei Tedeschi, vi era la bottega di un cernitore di semola.

La strada dei “Seggitteri”

I “seggitteri” le persone che a  servizio del pubblico conducevano le portantine, dette anche “sedie volanti” abitavano nell’odierna via Sedie Volanti, nel mandamento Monte di Pietà.

Al Capo è ancora esistente anche la via dei Seggittieri mentre è da tempo l’omonima via che era presente nel quartiere Ballarò.

La strada degli “Spadari”

Già nel XIV secolo, nei pressi di Porta Patitelli, esisteva la “ruga Spatariorum” o “viam Spatatorium”, nella quale operavano artigiani che fabbricavano spade ed armi bianche.

Nello stesso quartiere esisteva anche la “contrata Vaginorum”, ovvero costruttori di foderi per armi bianche.

Nel XVII secolo gli “spadari” svolgevano la loro attività nell’odierna via Materassai, nel tratto compreso tra via dell’Argenteria Vecchia e piazza S. Giacomo la Marina che era conosciuto come “vanella delli Spatara”. Nel periodo di maggiore sviluppo occuparono anche la piazza S. Giacomo.

Quando fu istituito il divieto per gli artigiani di portare con se armi bianche, il lavoro degli spadari si ridusse fino a scomparire e le loro botteghe furono occupate dai materassai da cui prende l’attuale nome.

La strada degli “Stazzonari”

Questi erano i fabbricanti di vasi e stoviglie di terracotta ed avevano le loro fabbriche nella via Stazzone, di cui resta una minima parte sul lato sinistro di via Torino, entrando da via Maqueda. La via Stazzone, corrispondenza all’incirca alle vie Torino e Milano, prima che venissero tagliate per la creazione dell’ultimo tratto di via Roma.

La strada degli “Tintori”

Gli artigiani che tingevano panni e stoffe operavano nella via dei Tintori, ancora oggi esistente, che congiunge la via Vittorio Emanuele e la via dei Cassari.

Il vicolo dei Tintori, invece, esisteva nel mandamento Monte di Pietà; ospitava, verso la metà del 1700 una officina adibita alla tintura dei panni di lana.

La strada dei “Torciari”

Le botteghe dei produttori di torce, nel XVII secolo occupavano, insieme ai calzettieri, l’odierna via dei Pannieri che collega piazza Caracciolo a via Vittorio Emanuele.

La strada dei “Tornieri”

In questa strada vi erano le botteghe dei tornitori di legno e metallo e, nell’ultimo tratto, si trovava l’Officina dei Regi Pesatori, addetti al controllo di pesi e misure. Per questo motivo veniva anche chiamata via dei Pesatori e dei Tornieri.

Dopo il risanamento della zona, a seguito dei lavori per il taglio della via Roma, la strada scomparve quasi per intero; ne rimane solo l’ultimo tratto che congiunge via Vittorio Emanuele a via Zara.

La via della “Vetriera”

Nei pressi di via Alloro ancora oggi esiste la via della Vetriera, così chiamata in quanto ospitava una fabbrica di oggetti di vetro, che fu distrutta da un incendio nella seconda metà del 1800.

La strada dei “Zagarellai”

I tessitori e negozianti di nastri di seta nel Seicento avevano le loro botteghe in via dei Cassari nelle vicinanze di piazza del Garraffello.

Successivamente, e fino ad oltre la metà del 1800, si spostarono in un vicolo che congiunge la via Alloro con il vicolo degli Scopari. Ancora oggi sia il vicolo che la vicina piazzetta conservano ancora questo nome.

La strada degli “Zimmillari o Zimmilari”

Gli artigiani addetti alla costruzione di ceste e grandi sporte, dette “zimmili”, realizzate in giunco o con materiale simile che venivano poste sul dorso degli animali da soma per il trasporto di vario materiale, svolgevano le loro attività nei cortili 1° e 2° Zimmilari.

Dopo le modifiche subite dalle urbanistiche della zona sono rimaste, fino ad oggi il cortile e la piazzetta degli Zimilari, tra la via Cesare Battisti e la via Chiappara al Carmine.

La piazzetta dello “Zucchero”

Sia la piazzetta che i vicoli esistenti ancora oggi nel quartiere dell’Albergheria, prendono questo nome in quanto, probabilmente, nel passato, vi si fabbricava lo zucchero. Quasi certamente, invece, il nome deriva dalla presenza, in tempo antichi, di un deposito e di negozi che vendevano zucchero.

(FINE)



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La città di Palermo che oggi conosciamo è passata attraverso la distruzione di palazzi, chiese e ville che un tempo ne erano l’orgoglio.

Tralascio per ora lo scempio che è stato fatto in via Libertà per la costruzione di palazzoni che ne hanno deturpato l’aspetto originario.

Mi soffermerò invece sul patrimonio che è andato perduto per la costruzione del Teatro Massimo Vittorio Emanuele e per la realizzazione di via Roma.

Per la costruzione del Teatro Massimo, che copre un’area di circa 7.700 metri quadrati, vennero abbattuti quattro chiese, due monasteri ed una delle porte storiche della città; scomparvero;

Chiesa e il Monastero delle Stimmate di San Francesco;

Chiesa e il Monastero delle Vergini Teatine dell’Immacolata Concezione;

Chiesa di Santa Marta;

Chiesa di Sant’Agata di Scorrugi delle Mura;

Porta Maqueda.

Per la realizzazione di via Roma, chiaramente, la distruzione interessò un’area molto più vasta e interessò chiese, palazzi e interi rioni che ne avevano caratterizzato nel tempo la storia.

Il primo ad essere distrutto, nel 1895, fu il rione Conceria con le seguenti costruzioni:

Chiesa di S. Margherita;

Chiesa di S. Angelo Carmelitano;

Oratorio di Gesù e Maria;

Palazzo Tramontana (parziale, poi ripristinato);

Palazzo Avarna (parziale).

Per costruire il tratto compreso tra piazza S. Domenico e via Torre di Gotto, nel 1906, vennero distrutti:

Palazzo Montalbano;

Casa Traetta (parziale);

Nello stesso anno, nel tratto compreso tra via Bara e via Cavour, vennero distrutte le mura dell’Itria.

Nel 1907, per la costruzione di palazzo Bonomolo, venne espropriato il giardino Pignatelli e parzialmente demolito il Museo Nazionale.

Tra il 1917 e il 1919, a seguito della realizzazione del tratto compreso tra via Vittorio Emanuele e via Divisi, nel quartiere Stazzone venne distrutto Palazzo Ajroldi.

Tra il 1919 e il 1921, nel tratto compreso tra via Schioppettieri e via Vittorio Emanuele, vennero distrutti, per consentire anche la costruzione di Palazzo Coffaro e del Teatro Finocchiaro:

Chiesa e Convento di San Giovanni Evangelista dei Minoriti;

Chiesa di Nostra Signora della Purificazione dei Gallinari;

Chiesa di Santa Maria alli Schioppettieri.

Nel 1920 iniziarono le demolizioni dei rioni Stazzone, S. Rosalia, Giardinaccio e Mura dello Stazzone che consentirono la costruzione dei Palazzi Rutelli, Traina, Bonci-Rutelli, Frisella-Vella, Pino Ingraiti, Scorsato e Savona, vennero distrutti:

Oratorio di Santa Spina;

Chiesa, Convento e Oratorio di S. Rosalia;

Chiesa di Santa Maria di Montesanto;

Chiesa di S. Vincenzo Ferreri dei Confettieri;

Palazzo Bonanno di Linguaglossa;

Palazzo Di Napoli di Buonfornello;

Palazzo Settimo di Fitalia di Giarratana;

Palazzo Platamone-Achates-Giarratana;

Palazzo Duca di Sorrentino.

Nel 1928 per la costruzione del Palazzo delle Poste venne distrutto Palazzo Monteleone.

Nel 1932, per la costruzione del lato sinistro dell’ingresso monumentale, fu demolita la chiesa della Madonna di Visita Poveri.

Tra il 1958 ed il 1959, per la costruzione del Palazzo ex Standa, furono demoliti:

I resti dell’Ospedaletto, distrutto dai bombardamenti del 1943;

Palazzo Pintacuda;

Palazzo Guglielmini Carcione;

Palazzo Scribani.

Dal 1971 al 1978, per la costruzione del Palazzo ex Upim, vennero distrutti:

Palazzo Bonomolo e Traetta;

Palazzo Russo-Radicella;

Palazzo Gandolfo S. Giuseppe;

Palazzo Ammirata.


La strada dei “Maccheronai”

Nella metà del 1400 una “Ruga de li Maccarrunari” esisteva nel quartiere della Kalsa ma, fino alla fine del 1800 i pastai ebbero le loro botteghe soprattutto in via Maccheronai che collega piazza Caracciolo a piazza San Domenico.

La strada dei “Maestri d’acqua”

Anticamente i maestri fontanieri svolgevano la loro attività in due vie ancora oggi esistenti: Via Maestri d’acqua a Monte di Pietà e via Maestri d’acqua a Tribunali.

I luoghi dei “Marmorai”

I lavoratori del marmo nel passato svolsero la loro attività nel rione del Capo in quella che veniva chiamata via dei Marmorai e che oggi prende il nome di via Gianferrara.

Successivamente spostarono le loro attività fuori dalle mura ed il luogo prese il nome di piazza de’ Marmi, oggi piazza Nicolò Turrisi.

La strada dei “Materassai”

Nella metà del Settecento gli artigiani che confezionavano materassi avevano le loro botteghe in via dei Spadari che da allora prese il nome di via dei Materassai.

La strada dei “Mercieri”

Prima del XVI secolo la via dei Cassari prendeva il nome di via dei Mercieri in quanto ospitava le botteghe di questi negozianti.

All’inizio del Settecento i mercieri si stanziarono in via del Garraffello che veniva chiamata Merceria Piccola o via dei Mercieri.

La strada dei “Mezzani”

Tutt’ora esistente nel mandamento Castellammare, ospitava venditori di “robbe” vecchie all’incanto per mezzo di mediatori che venivano appunto chiamati “mezzani”.

Anche se successivamente la figura dei mediatori lentamente scomparve, la strada conservò ugualmente questo nome.

La strada dei “Nassaiuoli”

Ancora oggi esistente nel quartiere della Kalsa, prende il nome da molti pescatori che utilizzavano, per il loro lavoro, delle caratteristiche gabbie, preparate con giunco e altre fibre vegetali, dette “nasse”.

Le strade della “Neve”

La neve raccolta d’inverno veniva conservata nelle montagne e rivenduta d’estate in una bottega che si trovava in un vicolo che da via Alloro porta a piazza Marina che ancora oggi prende il nome di vicolo della Neve all’Alloro.

Un’altra bottega per la vendita della neve si trovava nel vicolo Viola, che congiunge via Maqueda a piazza del Ponticello.

Il cortile dell’ “Olio di lino”

Questo prodotto veniva venduto in un cortile, oggi non più esistente, nei pressi di via degli Schioppettieri.

La strada dei “Pannieri”

Prende il nome dalla presenza di commercianti di panni. La via Pannieri unisce corso Vittorio Emanuele a Piazza Caracciolo.

In precedenza le loro botteghe erano nel tratto di via Argenteria che unisce la piazza del Garraffo alla piazza del Garraffello.

Il vicolo dei “Pieduzzi”

Si trova nel Mandamento Monte di Pietà ed era così chiamato perché anticamente vi abitavano alcuni venditori di piedi di capretto e agnello bolliti.

La strada dei “Pignatari”

Nei Seicento, i fabbricanti di pentole, dette “pignate”, avevano le loro botteghe nell’attuale via Porto Salvo.

La strada dei “Pirriaturi”

In questo vicolo, ancora oggi esistente nel rione del Capo, sin dall’antichità ospitava le case di quelli che andavano a lavorare nelle “pirriere”, le cave di pietra


La piazzetta dei “Fagiolai”

ncora esistente nei pressi di Porta S. Agata, nel quartiere dell’Albergheria, prende il nome dai numerosi venditori di verdure e legumi cotti e, soprattutto di fagioli verdi, che in questa piazzetta abitavano.

Le strade dei “Formai” e dei “Pianellari”

Un tratto dell’antica via dei Formai è ancora oggi esistente nel tratto di via Roma compreso tra corso Vittorio Emanuele e Piazza San Domenico. Prese questo nome in quanto fu sede di botteghe di artigiani che realizzavano forme in legno per scarpe.

Anticamente questa stessa strada, che prendeva il nome di Ruga Patitellorum, ospitava botteghe di artigiani che costruivano zoccoli in legno, chiamati “patiti” da cui non solo la strada ma anche la Porta di Mare (l’antica Bâb-al-Bâhr araba) nel medioevo prese il nome di Porta Patitelli che diede il nome anche all’intero quartiere.

I “curvisieri”, ovvero i calzolai, che producevano scarpe di qualità superiore agli zoccoli, operarono nelllo stesso quartiere in quella che veniva chiamata Ruga Planellariorum.

La strada dei “Frangiai”

Questi artigiani, che lavoravano frange di cotone, di seta o di lana, nel XVII secolo avevano le loro botteghe nella via, che collega via della Loggia a piazza Caracciolo,  che ancora oggi prende questo nome. Fino ai primi del Seicento questa strada veniva chiamata via dei Filandieri.

La strada dei “Gipponari”

Veniva così chiamato uno dei due lati di via Chiavettieri che ospitava, nel XVII secolo, le botteghe dei sarti che confezionavano un particolare tipo di giubbotto.

Il cortile del “Giunco”

Non più esistente, in quanto distrutto insieme al rione S. Giuseppe per la costruzione del Teatro Massimo, prendeva questo nome per la presenza di un magazzino dove si vendeva il giunco usato per fare sporte e ceste .

La strada dei “Guarnamentari”

Nei primi anni del 1600 gli artigiani che lavoravano e vendevano finimenti per cavalli, carrozze e carretti, detti “guarnamentari”, avevano le loro botteghe nel tratto di via Alessandro Paternostro nel tratto compreso tra piazza S. Francesco d’Assisi e corso Vittorio Emanuele.

La strada dei “Fabbricanti di Lampioncini”

Ancora oggi detta vicolo Lampionelli, traversa di via Divisi, ospitava le botteghe di alcuni artigiani che fabbricavano piccole lanterne in latta dette, appunto, “lampionelli”.

La strada dei “Portatori di Lettighe”

I conduttori di lettighe, detti “lettighieri”, abitavano nell’odierna via dei Lettighieri alle Mura dell’Itria, in parte ancora esistente nel mandamento Castellammare.

La strada dei “Librai”

Nel XVI e XVII secolo i commercianti di libri, quasi tutti di origine pisana, esercitavano il loro commercio nell’attuale via della Loggia, allora chiamata “ruga de Pisis”, “ruga Pisanorum”, “via dei Pisani”, “strada di Pisa” o “via delli Librara”.

Successivamente essi estesero la loro attività anche nel tratto iniziale di via Alessandro Paternostro.

Nell’Ottocento, però, le librerie della città si concentrarono, essenzialmente, lungo la via Toledo.